commento articolo ''La via dei simboli'' del prof. Antonino Saggio
Nell’articolo del prof. Antonino
Saggio si parla di una nuova visione dell’architettura, vista dalla
collettività come ‘’simbolo’’ e del suo pioniere Jørn Utzon.
« Si pensa che un
ponte, come prima cosa e propriamente, sia semplicemente un ponte. Ma dopo e
alla occasione opportuna, esso può esprimere ancora molte cose. In quanto è una
espressione, esso diventa un simbolo. Solo che un ponte, quando è un vero
ponte, non è mai prima un semplice ponte e poi un simbolo. Né
d'altronde esso è in prima istanza un semplice simbolo, in quanto esprimerebbe
qualcosa che a rigore non gli appartiene. Se pensato rigorosamente difatti un
ponte non si mostra mai come espressione. Il ponte è una cosa e solamente una
cosa »
M.
Heidegger, BAUEN, WOHNEN und DANKEN,
in Vortràge und Aufsàtze, 1954
Con queste parole
vi è un richiamo diretto al dibattito dell’architettura del dopo guerra. Per tutta
la durata della rivoluzione industriale e oltre, l’architettura risponde
all’assioma ‘’esisto in quanto funziono’’. L’edificio
funziona come una macchina e la funzione prescinde dalla forma. Ma possiamo ben
capire come questa linea di pensiero non abbia più valide strutture sociali di
riferimento. A questo proposito si aggancia l’estratto di Heidegger che
polemizza sia l’intenzione puramente funzionalista sia quella puramente formale
dell’architettura. Dunque propone una mediazione tra funzione e simbolo senza
eludere il problema del ‘’senso’’. In un certo senso, come Utzon, anche
Heidegger si fa pioniere di questa concezione; in piena rivoluzione
informatica, l’architettura non può rispondere solo e soltanto a problemi di
natura funzionale, ma deve codificare le domande della società contemporanea e
rispondere attraverso architetture ricche di significato e che quindi
comunicano per simboli e al tempo stesso diventano simbolo della nuova società.
L’architettura ha bisogno di essere, al tempo stesso, simbolo e funzione.
Su questa scia nasce il Guggenheim di Gehry, non a caso
posizionato in un punto nevralgico della città, un punto caotico dove si
incrociano ferrovia, fiume e ponte e che ha bisogno di essere ‘’decodificato’’.
Nell’articolo il museo viene descritto come una moderna cattedrale ed
effettivamente i richiami sono tanti. Come le cattedrali medievali, da esso si
innalza la torre che domina il paesaggio e rende visibile l’opera per i
‘’pellegrini’’ in visita. Ragionando su quanto letto mi salta agli occhi, forse
inappropriatamente, la torre Agbar di Jean Nuovel. Anche il ‘’geyser’’ di
Barcellona nasce su un caotico punto nevralgico della città e si innalza quasi
prepotentemente sul paesaggio diventando simbolo, accanto alla Sagrada Familia,
della città. Come il museo di Gehry sottolinea l’ambivalente scopo
dell’architettura; da una parte organizzare
lo spazio fisico per assolvere a determinate necessità funzionali, ma
dall’altro studiare il modo in cui queste funzioni vengono rappresentate in un
determinato contesto storico e culturale.
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